Manoscritti

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Francesco Amoroso, annota nell’ultime pagine a proposito del poeta:

“…Ho visitato l’ottimo nostro amico, medaglia d’oro per la scuola ed ho desiderato rendermi conto personalmente del numero e della mole de suoi manoscritti .

Ho fatto veramente una grande scoperta; l’elenco delle sue opere che rendo di pubblico dominio, è dei più importanti e mi auguro che tante fatiche non vadano disperse, negli interessi della cultura e perché un illustre figlio d’Abruzzo non sia condannato all’ingiusto oblio.”

Anche Rino Panza, studioso e appassionato di letteratura abruzzese, ed ex – alunno del De Meis, scrive al riguardo:

“ ….il suo itinerario culturale e artistico ha attinto lidi che pochi possono vantarsi di aver toccato: versi in italiano, in latino, in dialetto.

Versioni poetiche dal latino, dal francese, dall’inglese, dall’argentino,

versioni dialettali di classici famosi, raccolte antologiche varie; senza contare le recensioni ed i pezzi scritti come collaboratore di giornali e riviste a livello abruzzese, nazionale e perfino d’oltremare”.

Proprio per rendere ragione della vastità del materiale prodotto dal De Meis, si tenterà qui di elencarlo sistematicamente, sulla scorta di quanto e l’Amoroso e il Panza hanno scritto, ma soprattutto sulla scorta di quanto, il figlio del poeta, l’ingegnere Salvo De Meis ha indicato, sia a parole, sia fornendo preziose indicazioni scritte.

Bisogna dire che non sempre sarà possibile ricostruire una cronologia per queste opere e indicare la loro data di composizione proprio perché sono ancora inedite e conservate manoscritte.

Le traduzioni  in versi e in italiano, dei classici greci e latini sono numerosissime e varie.

C’è la traduzione di 150 salmi di Davide, tratti dal testo della “Nova Interpretatio Latina” (Roma _ 1945 _ Pontificio Istituto Biblico), un’opera di oltre 6000 endecasillabi.

Sono state altresì tradotte varie odi di poeti greci come Saffo, Alceo, Anacreonte;  alcune  favole  di  Esopo  e Fedro, i  Carmi brevi di Catullo.

C’è poi la traduzione del primo libro dell’Iliade e del sesto dell’Odissea, di Omero, nei quali gli esametri vengono ancora una volta trasposti in endecasillabi e inoltre delle Bucoliche di Virgilio per intero, opera che tra l’altro ha avuto la segnalazione d’onore ai Concorsi Gastaldi di Milano.

Per Orazio si ha la traduzione del Carme Secolare più qualche ode sparsa.

Non poteva mancare all’appello Ovidio, al quale il De Meis si interessò particolarmente e ripetutamente; si hanno le traduzioni dei Remedia Amoris (lavoro segnalato anch’esso al concorso Gastaldi), dei Medicamina Nux, di alcune elegie dai Tristia , dalle Ex Ponto, della prima lettera delle Heroides e infine di alcuni brani dai Fasti.

Per i grandi nomi della lingua italiana, il De Meis ha lasciato le traduzioni della Divina Commedia dell’Alighieri  in dialetto; si tratta di una versione completa di tutte le tre cantiche.

C’è poi da segnalare un esperimento assai particolare e originale del De Meis ovvero Il Dante Abruzzese, scritto in occasione dei centenari della nascita e della mortedel Sommo Poeta . Si tratta di una raccolta di sonetti in dialetto, ognuno dei quali è ispirato a un canto della Divina Commedia. C’è poi da citare la traduzione del primo libro della Imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis.

Passando alle raccolte di poesie scritte dal poeta, bisogna ricordare Voci e Immagini allo stato manoscritto e a volte dattiloscritto con  poesie di tutta una vita. Le date indicate nelle pagine vanno dal 1908 al 1961; una raccolta immensa di circa 1500 pagine e oltre 16.000 versi! Sono poesie non solo in italiano, ma anche qualche in latino, e per lo più, quelle in lingua  hanno la forma metrica del sonetto.

Versi Dialettali è la raccolta di poesie in dialetto. Anch’essa è  assai  voluminosa, 450 pagine circa, e reca a fronte anche la traduzione in lingua italiana per ogni componimento.

Raccolta di poesie è pure Piccola musa, insieme a Goccioline, Amor Fraterno, Rondini e Usignoli e La Voce del Giusto; c’è poi un poemetto che porta il titolo di Fiamme ed è lungo circa 250 pagine, così come è di 250 pagine una raccolta di epigrammi dall’omonimo titolo.

La traduzione in dialetto abruzzese dell’Aminta di T. Tasso l’opera presa in considerazione in questa sede ovvero.

Ma questa contiene poi anche una traduzione dal suo dialetto all’italiano corrente, sempre dell’Aminta stessa.

Allo stato manoscritto è Minima, una serie di rime, pensieri, novelle, scritte nel periodo che va dal 1913 al 1916 e che appartengono quindi alle prime composizioni del De Meis. C’è poi Il Mio Paese (monografia storica) e Ovidius, lavoro dedicato al celebre poeta latino.

L’Amoroso inoltre non manca di segnalare l’esistenza di una traduzione demeisiana del Contrasto d’Amore di Cielo D’Alcamo, che purtroppo non è segnalata poi da nessuna altra  parte. Sempre l’Amoroso ci addita numerosi componimenti occasionali del De Meis, ispirati a leggende, tradizioni abruzzesi “Alcune monografie su fatti e personaggi abruzzesi, viventi e scomparsi, e dulcis in fundo, numerosi distici latini e sonetti francesi che i competenti hanno trovato degni della migliore tradizione classica”.

Risulta in effetti che il poeta avesse tradotto alcune liriche dal francese come Dualisme di Paul Geraldy  o come Mon Dieu di Paul Verlaine.

E poi ancora dall’inglese e dal portoghese come alcuni sonetti di José de Espenceda, Jorge Obligad e Xavier Bòveda.

Nel già vasto repertorio  non mancano traduzioni dal latino moderno e in particolare dalle opere di F. Filippi Pepe, di Angelo Nardis e Giovanni Mestica.

Ci sono, per di più,  versi in latino  definito “orecchiabile”, dedicati a persone conoscenti o a personalità come l’on. Tinozzi, il poeta Roberto Mandel, il combattente Pacifico D’Eramo, alcuni  di essi infine vengono dedicati a personaggi storici come Mussolini, Hitler, il Duca D’Aosta, Italo Balbo ecc.. Sempre in latino sono versi da lui scritti e tratti da poesie di Trajani, Guidi, Marchetti e così via.

Ci sono anche versi dialettali tratti a loro volta da poesie di Gioacchino Belli, Giovanni Pascoli, Giuseppe Pitré, Fedele Romani. Altre poesie sono invece tratte da opere di poeti dialettali abruzzesi come Luigi Dommarco, Ottaviano Giannangeli, Alfredo Luciani (di questo il poeta fu anche amico, spesso si scambiarono visite e durante una di queste, composero due sonetti scambiati a mo’ di tenzone scherzosa).

Non mancano riduzioni in versi da prose per esempio dell’Ambrosini, del Bartolini, del Dionisi e addirittura del filosofo tedesco Nietzsche.

Val la pena segnalare una raccolta di proverbi da lui effettuata assai particolare, 700 di questi infatti iniziano con la lettera “A”,  inoltre una raccolta di curiosità che vertono tutte sul numero “7”.

Tra le  tante cose, ci  sono ancora  pagine di  scritti di  riflessione o di varia saggistica come Il mio D’Annunzio; Ilio di Iorio suo ex – alunno sostiene  tra l’altro che il De Meis dovette incontrare o conoscere personalmente il poeta pescarese. Il figlio Salvo De Meis d’altronde assicura che tra le tante carte del padre ci doveva essere, o almeno ci fu un tempo, qualche pagina autografa del D’Annunzio stesso.

Tornando alle opere sritte dal poeta, accanto alle suddette ci sono inoltre La mia Sulmona, Il mio Croce, Il mio Orazio, Il mio Ovidio ecc. e ancora appunti presi da vari testi scolastici, tutti rigorosamente commentati.

Il De Meis pubblicò spesso anche  degli articoli su riviste come Abruzzo e Tricolore ma anche su giornali specialistici nel settore didattico come I diritti della Scuola. Qui era solito pubblicare novelle che egli stesso scriveva e che poi leggeva in classe ai propri alunni. Non mancano nel già folto elenco recensioni di opere locali.

L’entità della produzione demeisiana è come si è visto, molto ampia   e articolata ma soprattutto ancora da scoprire e da studiare.

Sicuramente a tale materiale è da aggiungere qualcos’altro come il figlio stesso ci assicura, ad esempio pagine scritte occasionalmente, biglietti d’auguri, versi inviati agli amici, lavori solo appuntati su qualche foglio e poi dimenticati ma che potrebbero essere non per questo meno importanti, anche per aiutare a capire in modo più completo il lavoro e la personalità del poeta. La vita di De Meis fu riservata e lo portò ad essere sempre un po’ al riparo dalle luci della ribalta, ma le sue opere sono cadute oblìo  e non sono state mai oggetto di studio. La data d’inizio della produzione demeisiana era stata fissata grazie alle indicazioni di studiosi come Rino Panza.

Fortunatamente anche la data in cui il poeta cessò di scrivere può essere indicata. Data ultima di composizione sarebbe il 1975 che è poi, come è stato detto, l’anno stesso in cui il poeta morì. L’ultimo componimento è “Ai pochi lettori”, sintesi efficacissima dello stato d’animo di un uomo che era e serenamente si sentiva prossimo alla morte”,

La poesia suona emblematicamente così:

“Vu che leggete tande facilmende

forze suffrete a lègge’ ‘ste ciappette

(‘ste ciappette d’apòstrefe e d’accende)

mannènme forze pure ‘n – accedènde.

Ma ne – mme coglie né ‘n – cape né ‘m – piette,

Pecché stienghe “lundane”: ne – vve sende

E, se sende, i ‘ perdone e ne – mme pende”.


 Fonte: L’AMINTA DI T. TASSO  NEL DALETTO DI ROCCA PIA DI V. DE MEIS, D. D’Alimonte, Pescara Tracce, 2008.